Manifesto
L’arte ha sempre avuto un ruolo di primo piano nel descrivere il proprio tempo, lo status sociale, culturale, politico, tecnico, economico, … raggiunto, ponendosi quale specchio delle società e dei tempi, ovvero quale metro dello sviluppo materiale, culturale ed etico delle società in cui è nata, si è sviluppata o è stata osteggiata.
La prima riflessione quindi sulla direzione verso cui si debba oggi sviluppare l’arte in realtà è una duplice domanda: dove e come si posiziona la nostra società oggi e quale ruolo può rivestire l’arte per la coscienza di questa nostra società e per il suo sviluppo?
La seconda riflessione è: può l’arte da sola porsi quale guida di un rinnovamento che non sia involuzione, bensì ascesa, crescita? La terza è: di quali strumenti si deve armare per poter traguardare il proprio obiettivo, quali mezzi deve porre in campo e come per potervisi appressare?
Per far questo, innanzitutto l’arte deve interrogarsi su sé stessa, cercare e definire la propria essenza in tutte le sue espressioni, comprendere sé stessa e da tale ritrovata confidenza divenire la flebile fiammella d’un picciol lume che sposti d’un niente il buio; ma un sommesso albore nel desolato buio può splendere di purezza, ché la purezza non ha misura e limite, può inondare di luce un animo in cerca che lo scorga di lungi; a lume si somma lume: è l’alba di un giorno nuovo!
È un’arte che parla, che molto ha da dire, ma che nulla impone, che niuna direzione indica e non per ipocrita neutralità o indifferente estraneità, al contrario. Quando un artista si propone all’animo ed all’intelletto di un singolo, come di un gruppo se non di una nazione o ancor più universalmente, si rivolge ad un’anima nella sua sacra ed universale complessità e pone alla sua coscienza l’oggetto della propria ricerca, l’essenza snudata da ogni fronzolo, orpello ed artificio del proprio indagare, del proprio ordinare, dirozzare, sgrossare, purgare, ripulire, raffinare, depurare, decontaminare, purificare, liberare, riscattare.
È un’arte in itinere, che cerca ed indaga senza posa, al servizio di sé stessa quale strumento universale di coscienza singola e collettiva, che attinge a sé stessa per proporsi al singolo ed all’umanità da cui trarre intelligenza e vigore per riprendere a cercare, in una virtuosa ascesi che riconosce in ogni aspetto della vita e dell’intelletto dell’uomo la sua origine e fine ascetica (ascesi, dal greco antico askesis, che in origine significava esercizio, allenamento di un atleta per il superamento di una prova) e che ha come inaccessibile culmine l’uomo stesso, al quale mostra e svela il proprio animo nella consapevolezza dell’inviolabilità dell’umana sostanza e quindi nella certezza della sacralità del principio di autodeterminazione di ogni uomo e di ogni suo libero raggruppamento o spontanea associazione, comunque costituiti.
Albore, ascesi dell’uomo a sé stesso, tensione determinatrice che attinge alla totalità dell’uomo e delle sue espressioni tecniche, morali, spirituali.
Data questa visione di arte, si può tornare alle originarie riflessioni, consapevoli di aver già tracciato una direzione e consci di dover determinare un modus operandi che rappresenti lo spirito di Albore, che lo concretizzi sino a divenire, nel lavoro dei suoi artisti, un pensiero in essere.
In quale direzione si deve oggi sviluppare l’arte, ovvero dove e come si posiziona la nostra società oggi e quale ruolo può rivestire l’arte per la coscienza di questa nostra società e per il suo sviluppo?
Fare una minuta descrizione e sintesi della società attuale, della sua complessità e dei problemi che sta affrontando sarebbe non impossibile, tutt’altro, ma sicuramente non funzionale e in un domani prossimo, se non già oggi vista la proiezione futura intrinseca ad ogni opera d’arte nel suo stesso costituirsi, anacronistico. La complessità di un tale lavoro infatti, da sola occuperebbe, per giungere ad una definizione completa e soddisfacente, tempo e risorse tali da farlo giungere a compimento oltre il termine utile per il suo utilizzo funzionale alla creazione di un’opera d’arte che parli al presente traguardando il futuro, soprattutto in una società complessa e veloce come quella attuale. Sorge quindi la necessità di focalizzare e delimitare campi di indagine ben definiti affinché la riflessione su di essi sia il più possibile completa, matura e contemporaneamente attuale. Non un limite, ma la consapevolezza dei propri limiti ed insieme lo sforzo per superarli con un metodo che dia efficacia alla propria azione. Quindi quale ruolo per l’arte se non di consapevolezza condivisa e quindi, intrinsecamente, di dialogo? Questo il ruolo di Albore: aprire piccoli spiragli di luce ben focalizzata che insieme rischiarino e diano l’impronta del sé, della propria visione. Rischiarino e quindi stimolino a fare altrettanto, e su quel tema e su altri ad esso connessi e non, per dare al fruitore delle opere d’arte una visione più chiara e consapevole. L’impronta del sé, della propria visione quale stimolo ad un dialogo paritario e finalizzato che coinvolga gli artisti e coloro cui i messaggi “scritti” nelle loro opere sono destinati. Albore, dialogo in continua evoluzione.
Può l’arte da sola porsi quale guida di un rinnovamento che non sia involuzione, bensì ascesa, crescita?
Per quanto sinora affermato, certamente no! Alla ricerca di un solido equilibrio tra ascolto ed enunciazione, l’artista non può né negare sé stesso, né velleitaristicamente imporre il proprio pensiero, atteggiamenti entrambi votati ad una necessaria involuzione, ambedue per assenza dell’elemento chiave prima evidenziato e indispensabile per un vero progresso: il dialogo. Il percorso si traccia da solo e porta inevitabilmente al confronto. Perché? Perché, come detto, questa non è un’arte che impone una linea, che detta una direzione, ma che vuole diffondere luce. In questa ottica, non può e non deve dividere il bene e il male, il bello e il brutto, il vero e il falso, lo spirito e la materia, Dio e il mondo, secondo la bivalenza positivo-negativo imposta dai codici che sono delle forme cognitive dell’uomo: la scienza, l’economia, la filosofia, la religione, la psicanalisi, la sociologia, la politica, etc. Ognuno di questi codici utilizza i segni che gli sono peculiari ma che rischiano di “spiegare senza comprendere”. Come quindi comprendere? Il primo passo, fondamentale, è scoprire, svelare, mostrare, ovvero mettere in luce, illuminare. Il compito di Albore. Ma come se i codici che normalmente utilizziamo non sono né capaci, per limitato campo di azione, né adeguati, poiché non con-formi? Serve un nuovo linguaggio che sia proporzionato, corrispondente, consono, conforme e, ancora, comunicabile quindi universale. Dove trovare i segni che possano tutto questo se non rivolgendosi all’uomo nella sua globalità, quale essere indiviso tra natura e cultura, mente e corpo? Questo è il linguaggio dell’arte in tutte le sue forme espressive. Ma a quale rivolgersi, quali segni, gesti, strutture adottare? La risposta dal confronto franco e orientato tra i codici dell’uomo. Definito l’oggetto, si deve instaurare un confronto che sia a questo rispondente, composto secondo la necessità espressiva che si è prefissa in cui scienziati, economisti, filosofi, religiosi, psicanalisti, sociologi, politici, etc. possano esporre secondo i codici e i relativi segni, loro peculiari, la propria visione. Compito dell’artista è essere catalizzatore di un percorso di avvicinamento e di catarsi che lo porti dalla molteplicità degli approcci ad avvicinarsi alla visione dell’oggetto in quanto tale, divenendo quindi quel linguaggio universale che può svelare e quindi, destare riflessione, da cui necessità di confronto. Albore, “esperanto” dello spirito.
Di quali strumenti si deve armare per poter traguardare il proprio obiettivo, quali mezzi deve porre in campo e come per potervisi appressare?
Non resta che tradurre in gesto artistico quanto sinora articolato, esposto. La composizione nasce in primis dalla definizione del suo oggetto, compito che può essere demandato all’artista e alla sua sensibilità, ovvero assolto da una comunità o gruppo, come da un singolo. Ciò che determinerà il successo comunicativo dell’opera da realizzare è la più completa definizione di quanti, nelle proprie specificità, possano contribuire a gettare luce sull’oggetto della ricerca. Dall’oggetto agli attori, il cui numero e qualità sarà definito in funzione di questo. Dovranno porsi in atteggiamento di ricerca e condivisione, con l’unico obbiettivo di gettare luce, nella fiducia reciproca di un approccio comune, per quanto personale, che valorizzi l’apporto del singolo, che diviene riconciliabile, ricomponibile, riappacificabile in quanto pone l’oggetto della propria ricerca oltre sé. Ovviamente, in qualsiasi forma possibile, il dialogo e il confronto devono avvenire alla presenza dell’artista che potrà così definire la forma, lo stile, il linguaggio più funzionale a quello scopo specifico e quindi assurgere alla visione dell’opera. Un documento dovrà necessariamente nascere da questa ricerca e conciliazione e non tanto accompagnare, quanto appartenere all’opera finale. La partecipazione di artisti di diversa estrazione potrà portare a più opere in differenti forme espressive o a forme composte quali le rappresentazioni teatrali o le installazioni.
Ciò che è importante è non solo non perdere di vista l’oggetto della propria ricerca ma anche il suo stesso percorso, che mira alla sostanza dell’oggetto stesso ed è quindi un percorso di purificazione, mondatura, decontaminazione, affinazione: il risultato non potrà che essere un’opera essenziale nella sua struttura in quanto sostanziale nel suo messaggio. Albore pone quindi ai suoi artisti e a chi si approccia alle di loro opere la propria parenesi:
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Semplicità è arduo traguardo di equilibrio!